... mamma.
Lo so per alcuni sconcerta, per altri che sanno dove sto andando a parare è macabro. Ci ho messo due anni, ma ci sono arrivata anch'io a commemorare l'anniversario del funerale di mia mamma.
No non del decesso.
Ero la con lei, le avevo detto che non l'avrei fatta morire in ospedale, ma ce l'ho portata lo stesso, pur sapendo esattamente che era entrata in fase preagonica, pur avendole fatto io la morfina per farla stare meglio, pur sapendo che era incosciente quando ha varcato la soglia del pronto soccorso, pur sapendo che il pronto soccorso non è l'ospedale come lo intendeva lei: non voleva morire in degenza.
E' deceduta il 7 marzo del 2014 tra la mezzanotte e l'alba. Ricordo quel giorno con una precisione millimetrica, e no non voglio commemorare il giorno in cui ho corso per organizzare il funerale, per contattare chi andava contattato, per accompagnare mio padre nella camera ardente.
Voglio commemorare l'otto marzo, dando a questo giorno riempito di troiate pseudo femministe, un significato davvero da donna: la commemorazione di una donna che è e rimane la mia mamma.
Voglio commemorare il giorno del suo funerale, quando le persone che le hanno voluto bene, le colleghe di lavoro, le compagne di danza, sono venute per lei a cui ho chiesto di ricordarla nelle sue cose buffe e col sorriso.
Ci ho messo 2 anni a sentire la necessità di farlo.
Ci ho messo quasi due anni e una nuova vita carica di speranze per sentire la sua mancanza nella mia vita, la mancanza di chi ha condiviso con me tutte le mie ansie e le mie paure e le mie speranze e le mie gioie senza che me ne accorgessi, fino a che non è mancata.
Ci ho messo il mio tempo, perchè non sono una che le cose le prende al volo.
E non è detto che ogni anno farò lo stesso: come viene, viene.
Lo so per alcuni sconcerta, per altri che sanno dove sto andando a parare è macabro. Ci ho messo due anni, ma ci sono arrivata anch'io a commemorare l'anniversario del funerale di mia mamma.
No non del decesso.
Ero la con lei, le avevo detto che non l'avrei fatta morire in ospedale, ma ce l'ho portata lo stesso, pur sapendo esattamente che era entrata in fase preagonica, pur avendole fatto io la morfina per farla stare meglio, pur sapendo che era incosciente quando ha varcato la soglia del pronto soccorso, pur sapendo che il pronto soccorso non è l'ospedale come lo intendeva lei: non voleva morire in degenza.
E' deceduta il 7 marzo del 2014 tra la mezzanotte e l'alba. Ricordo quel giorno con una precisione millimetrica, e no non voglio commemorare il giorno in cui ho corso per organizzare il funerale, per contattare chi andava contattato, per accompagnare mio padre nella camera ardente.
Voglio commemorare l'otto marzo, dando a questo giorno riempito di troiate pseudo femministe, un significato davvero da donna: la commemorazione di una donna che è e rimane la mia mamma.
Voglio commemorare il giorno del suo funerale, quando le persone che le hanno voluto bene, le colleghe di lavoro, le compagne di danza, sono venute per lei a cui ho chiesto di ricordarla nelle sue cose buffe e col sorriso.
Ci ho messo 2 anni a sentire la necessità di farlo.
Ci ho messo quasi due anni e una nuova vita carica di speranze per sentire la sua mancanza nella mia vita, la mancanza di chi ha condiviso con me tutte le mie ansie e le mie paure e le mie speranze e le mie gioie senza che me ne accorgessi, fino a che non è mancata.
Ci ho messo il mio tempo, perchè non sono una che le cose le prende al volo.
E non è detto che ogni anno farò lo stesso: come viene, viene.
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