lunedì 20 aprile 2020

La Danza

il 6 aprile scrivevo su Fb:

"Il tempo è propizio per leggere spesso "mi manca la danza". Sono del parere che non serva andare in palestra per danzare, ti basta anche lo spazio di una piastrella. Che se davvero vuoi danzare lo fai seduto anche sulla tazza del water anche se sei al corso base. Che se non puoi ascoltare la musica, il ritmo te lo porti da dentro. Se davvero ti manca la danza, danzi anche se hai una gamba ingessata. Conosco chi danza nonostante problemi di salute non proprio leggeri, e chi la danza la vive come l'aria da respirare. Perciò se " vi manca davvero la danza" smettetela di raccontar palle e danzate anche a letto (che tra l'altro è il miglior posto per imparare gli shimi senza ginocchia), altrimenti se avete da obbiettare, pensate davvero a cosa vi manca, che sicuramente è qualcosa di appiccicato alla danza, ma non la danza."

il 5 di marzo ho danzato l'ultima volta con L'Auftritt Gruppe, il giovedì dopo ero ammalata, il fine settimane del 14-15 è stato l'ultimo appuntamento mensile della formazione come danzatrice professionale ed insegnante, e da allora in poi niente più palestra ed appuntamenti danzanti.

Da allora non ho nemmeno fatto un passo di danza che sia uno. Credo sia il caso di fare mente locale.

Volevo tanto tornare sul palco: Il mio insegnante se non sei nel gruppo che fa spettacoli non porta nessun'altro gruppo sul palco, quindi la questione era semplice: o entri in uno dei due gruppi o continui solo a fare contest. Entro per caso nel 2017 nello show gruppe: Luca ha un corso il lunedì, esattamente quando io avrei danza, così chiedo di poter partecipare pa tempo determinato agli allenamenti di questo gruppo, e da determinato diventa indeterminato, e poi da 2 gruppi uno solo per questioni indipendenti dalla mia volontà con allenamenti il giovedì sera.
Fattore 1: il giovedì sera. una sera, 2 genitori fuori di casa con figlie troppo piccole per rimanere da sole. Si trovano babysitter e soluzioni alternative. Da gennaio ci si aggiunge anche Figlia grande che il giovedì sera ha gli scout con accavallamento di orari.

Lavorare con l'auftritt gruppe non è come con lo show gruppe: il primo danza da più tempo con e per Aladin, ha più confidenza e per questo è anche un po' più indisciplinato. Personalmente trovo anche che non abbiano tutte lo stesso livello di tecnica ( io per prima) e che non venga curato affatto, dalle braccia al sorriso. Si tratta di imparare le coreografie che Aladin crea sul momento per lo spettacolo dell'anno successivo. Funziona così: Festival al fine settimana delle Palme, 2 settimane di ferie, preparazione della prima coreografia. Detto così sembra molto professionale e che per settembre almeno una coreografia sia pronta solo da ripassare e ripulire. In 2 anni di Aufritt gruppe, la prima coreografia viene terminata di corsa in genere tra dicembre e gennaio, poi le altre, ed infine alcune vengono preparate nelle sessioni extra di allenamento tra febbraio e marzo. Ripensando ai progetti che c'erano per quest'anno mi sento di nuovo stare male.
Al dopo festival 2019, Aladin ci dice che porteremo 5 coreografie: Muhashawat ( forse l'ho scritto sbagliato e non m'importa), Nubiano, Hagalla, Saidi, e Oriental Routine, coreografia già presentata all'appena concluso festival). Il saidi viene iniziato a giugno e terminato a dicembre. L'arabo andaluso ( così è scritto giusto) iniziato a Novembre mentre ero in ospedale terminato accorciando la musica a gennaio. Oriental Routine, da risistemare: purtroppo a fine novembre è venuta a mancare improvvisamente una di noi. anche le altre 2 coreografie vanno risistemate. A gennaio vengo a sapere che c'è un altra coreografia da preparare: un Baladi. Quando dico che mi sono sentita male non è affatto metaforico: sono davvero stata male e mi sono dovuta sedere. Poi Aladin ha deciso che questa coreografia l'avrebbero fatta solo in 3. Baladi Nubiano ed Hagalla sono stati creati tra gennaio e febbraio con ore extra di allenamento.
6 coreografie. Io non ho idea di cosa significhi essere ballerina o danzatrice di professione e se 6 coreografie siano troppe o troppo poche per un gruppo spettacolo di danzatrici per hobby. So che per me è troppo. Io sono lenta ad imparare le coreografie, non mi basta l'ora e mezza settimanale le devo studiare anche a casa.
Fattore 2: troppe coreografie in poco tempo (per me)
Inoltre a me imparare solo coreografie mi annoia: mi piace approfondire la tecnica, imparare cose nuove, pulire ed affinare quelle vecchie. Mi stanno anche sul cazzo anche i workshop in cui si imparano solo coreografie. Per me improvvisare è stato l'unico modo per andare avanti a ballare per anni senza corsi: va da sè che la coreografia a me sta stretta come il busto che indossavano le donne nell'epoca vittoriana (e non solo). Per farne così tante comunque devi correre: non puoi permetterti tante pause nella lezione, e personalmente il mio ginocchio, che già si spara 40 ore settimanali di lavoro correndo e trasportando carichi non è d'accordo. A febbraio andavo a lezione per senso del dovere, quando sarei rimasta volentieri a casa per la stanchezza e meditavo già, dopo il festival, di prendermi una pausa dall'auftritt gruppe di almeno un mese.
Fattore 3: difficoltà personali.
Stanotte sono stata sveglia un oretta abbondante per la mia solita insonnia. Ho realizzato che a me la danza non manca: non ho fatto un passo che sia uno, non sto ascoltando musica egiziana, non sto improvvisando nulla su qualsiasi musica che senta, ad eccezione di Thunderstruck che per me rimane il miglio pezzo di allenamento per gli shimmies. Questo significa solo una cosa: che al momento ne ho abbastanza. Mollerò la presa, tornerò al gruppo avanzato dove non ci sono coreografie da imparare di corsa per il festival, dove se voglio fermarmi per il mio ginocchio non è un problema per il gruppo, dove se sono stanca e non vado, non è un problema per il gruppo, e dove non devo preoccuparmi della famiglia perchè è al Lunedì. Amo danzare, ma non lo faccio per vivere, lo faccio perchè mi piace e allora lo ridimensiono in modo da ritornare ad amarla. Per il palco contest ed open stage.

sabato 11 aprile 2020

Questo periodo

Tutti dicono la loro sul corona virus di qua e il corona virus di là, improvvisati virologi, medici o semplicemente tuttologi che aprono la bocca mettendo insieme pensieri e nozioni sconnesse arrivate chissà da dove. Non ho intenzione di mettere in campo la mia preparazione medica: c'è gente che di questo argomento se ne occupa per lavoro, ne sa più di me e lascio a loro la parola.
Ma vorrei dire la mia su quello che sta accadendo, su quello che vedo.
Il mondo intero sta affrontando un virus, che non è come la peste dei promessi sposi, ma che al pari di questa, sta tirando fuori la vera essenza delle persone: se sei una bella persona saranno solo cose belle, se sei una persona di merda uscirà da te solo merda, se sei ignorante superficiale e scettico per partito preso, da te uscirà mediocrità e stupidità.
Ma vedo dell'altro.
Il virus ha, come i farmaci, un effetto diretto di malattia, che è quello che ha messo in ginocchio il sistema sanitario italiano, e un effetto secondario sulle persone. Non saprei bene come definirlo, ma la situazione di emergenza che ha portato i governi ad imporre una quarantena più o meno restrittiva, porta con se una sorta di aria stagnate, che sta avvelenando le persone, temo che anche le belle persone prima o poi soccombano. E' come quei giorni a Milano in cui non tira un filo di vento e l'aria letteralmente puzza di polvere, esattamente come quando si va in una soffitta che non si apre da parecchio e se ne smuove un po'. A me questo clima sta facendo male. Se trovare qualcosa per sorridere per rendere più divertente un momento per me è normale e importante per tirare avanti anche quando sono giù di corda, ora mi viene davvero difficile. Mi divido tra 2 giorni di lavoro e 2 giorni a casa, e in tutto questo vedo solo frustrazione. A parte il gatto, le figlie sono le meno preoccupate che la stanno vivendo come una enorme vacanza: potere dell'innocenza. In un anno che lavoro lì non ho mai visto così tante volte in sede il capo. Poichè non è un curatore e non è un veterinario, ma un pensionato che nella vita ha fatto tutt'altro che lavorare con gli animali, mi viene da pensare che non avendo altro da fare  per via del consiglio " state a casa" venga apposta al rifugio perchè legalmente ha la scusa per uscire di casa.
Per quanto il rifugio sia ufficialmente chiuso ai visitatori e idealmente il lavoro dovrebbe essere diminuito e per questo essere tutti un po' più rilassati, il ritmo in realtà è decisamente più frenetico del solito, per 3 fattori:

  • tutte le figure complementari (2 persone) sono state messe a casa, e sebbene presenti solo 4 ore e non tutti i giorni fanno una grande differenza;
  • siamo divisi in 2 gruppi per limitare i contagi ma siamo poche persone e ancora di meno se una si ammala ( un paio di settimane fa ci siamo ritrovati solo in 3 a gestire tutto);
  • dei 2 giorni di lavoro, il primo lo passi a mettere a posto il caos lasciato dall'altra collega, perchè non esistono protocolli definiti chiari e sopratutto scritti sulla gestione del rifugio, il secondo a fare il lavoro in modo normale cercando di lasciare il compito facilitato per la collega subentrante.
La frustrazione cresce ed è palpabile: ci si dovrebbe mettere il cuore in pace, che le cose andranno avanti così a lungo, ed invece....
Anche a casa la situazione per la verità non è serenissima. Gran parte della colpa è mia che anzichè riposarmi in quei 2 giorni a casa mi creo frustrazione tra quello che vorrei fare, quello che devo fare e l'idea di riposarmi. Probabilmente sono così sotto sopra da non rendermi conto di contagiare anche il resto della famiglia con la mia frustrazione: uno sguardo che non vuole essere scontroso, una mezza parola uscita male, e voilà l'aria tesa è fatta. E si che ero quella che in questa situazione di meno lavoro e più tempo a casa ci vedeva un opportunità per godersi la casa, la famiglia un po' di tempo per se stessa.

Oggi sarei dovuta andare al lavoro, ma sono a casa. No non è arrivata nessuna telefonata a dirmi "oggi puoi stare a casa", ho fatto una scelta: la scelta di stare a casa perchè non mi sento bene o la scelta di andare al lavoro pur non sentendomi bene. E per me è una scelta difficile. Non mi ritengo persona indispensabile che "se non ci sono io si blocca tutto" ma sono consapevole che essendo in pochi (siamo sempre in pochi per la perfetta gestione del rifugio) la mancanza di uno può fare una grande differenza. Ma oggi ho dato più importanza al mio mal di stomaco, alla mia spossatezza al mio ginocchio che da più di una settimana mi fa male e che riesco ad usare solo con la ginocchiera, al mio piede che carico di più per togliere al ginocchio, perchè oltre alla frustrazione del dover correre, ad inizio settimana ci si è messa pure il colloquio con il capo perchè il mio rendimento sul lavoro è inferiore a quello di altri. E allora chi me lo fa fare di mettere in secondo piano la mia salute per poi sentirmi dire che non lavoro bene quanto una ventenne che inizia la giornata bevendo un energy drink, fa la pausa caffè con un energy drink, e pranza bevendo uno se non due energy drink? No, grazie. 
Personalmente sono sempre stata una tipa lenta. Cosa buffa dovunque tranne sott'acqua dove è bene esserlo: lì sono un tantino precipitosa. O almeno sempre di meno. Essere lenta, mi ha sempre messo fuori da qualsiasi tipo di competizione: le gare di corsa a piedi o in bici, a scuola anche nell'apprendere. Ti fa sentire inadeguato, soprattutto se al posto di capire e riconoscere il limite per poterlo aggirare, diventa motivo per sentirsi sempre e costantemente inadeguati, finendo un una specie di pozza melmosa da cui non vedi modo di uscire. Spesso per essere "più veloce" finisco per lasciare i lavori a metà: per fortuna con le figlie le ho finite tutte per benino con tutti i pezzi al posto giusto.
In tutto questo sto pensando che alla fine dei conti un po' di orgoglio ed amor proprio per me ce l'ho: quel minimo che mi ha spinto a mandare nuovamente CV come veterinario. E' vero ho sempre avuto paura del mio lavoro, pausa di non sapere e di non saper fare. Ma sono un veterinario, so che se una cosa non la so la risposta è nei libri: so che non tutti i veterinari devono essere fighi come il Dr. House e che quelli che si credono o che si atteggiano a tali qualche scheletro nell'armadio lo nascondono. E poi non mi va più tanto di lavorare in un posto dove ritengono i veterinari incompetenti ed ignoranti dall'alto delle loro qualifiche in materie tutt'altro che mediche. 

giovedì 9 aprile 2020

Sentirsi sempre inadeguati

Le scelte sbagliate, per i motivi sbagliati, l'incapacità di riconoscere/ ammettere l'errore quando non è ancora troppo tardi per tornare indietro portano solo ad una cosa: sentirsi inadeguati. Vivere col senso di essere inadeguati, non è una cosa bella, perchè appena può si riversa su qualsiasi cosa tu faccia, e non ti fa mai sentire davvero "brava" nel fare qualcosa. Ti senti meno che mediocre, inadeguata perchè sopraqualificata per il lavoro che fai, e non abbastanza brava o esperta per il lavoro che sai fare.
Fa stare male.
Fa venir voglia di piangere.
Fa venir voglia di scappare lontano soprattutto da te stessa.

Non c'è una cura. Ci sono solo degli "antidolorifici", ma anche quelli rischiano di venir contaminati dal senso di inadeguatezza.

Passare non passa: semplicemente a volte si sente molto poco.