domenica 25 ottobre 2020

divagazioni e riflessioni personali sul tema danza

Era il 1993 quando venni in contatto la prima volta con la danza del ventre, perchè allora, e fino a pochi anni fa, era questo il suo nome. Pochi mesi dopo, nel 1994, il battesimo: un seminario di un fine settimana con un maestro Egiziano che al 99% ho ritrovato qualche anno fa. A seguire la settimana intensiva estiva, durante la preparazione dell'esame di maturità. Corsi, spettacoli, cambio scuola, una lunga interruzione durata oltre 10 anni e la ripresa con un insegnante il cui maggior pregio, e per questo la ringrazio, è stato avere il coraggio di portare questa danza in un paesuccolo in cui il femminismo era considerato avanguardia e stiamo parlando del 2010. E grazie anche a mia mamma che mi ci ha portato di peso in un momento in cui avevo bisogno di qualcosa di diverso dalla routine di neo mamma che mi stava portando o mi aveva già portato in una fase di depressione.
Del 1993 rimpiango la serenità con cui affrontavo questa danza: quello che mi insegnavano era la danza del ventre, senza se e senza ma. Oggi leggo, studio, guardo video e non so più cosa sia la danza originale da tutto quello che è contaminazione o evoluzione o storpiatura: la confusione è enorme e non esiste nulla come per la danza classica, che delimiti, caratterizzi e definisca ciò che è carne, pesce o verdura. Studio con un maestro egiziano la cui competenza per quello che riguarda il folklore e il baladi sono indiscutibili: è la sua specializzazione, esattamente come esistono oculisti e ortopedici, ma ammetto che mi manca quella possibilità di conoscere anche altro. 
Credevo in Germania di trovare un terreno molto più florido per quello che riguardasse la danza, ma qui in giro è tutto molto arido. Magari è solo colpa della zona, non sono ne vicino ne in una grande città: Colonia e Bonn sono di fatto città piccole. 
Sono colpita da una grande tristezza per quello che riguarda la danza, da un po'. Amo il palco, mi ci hanno abituato in Italia con piccoli spettacoli spesso auto-finanziati: costumi, paillettes, trucco, prove e quell'atmosfera impalpabile e stupenda che ti fa sentire al settimo cielo la sera dello spettacolo ed è il frutto di ansia nervosismo e prove prima.
Qui non ce l'ho.
Qui speravo di poter utilizzare il mio diploma di insegnante di primo livello preso di fretta e furia grazie anche alla mia insegnante di allora che strutturò il corso in modo da farmelo completare, e non ho tenuto ancora una lezione che sia una. Sono in attesa di concludere con l'esame il secondo corso da insegnante, che spero mi dia qualche possibilità in più, ma tra acciacchi delle colleghe e corona virus, non abbiamo la più pallida idea di quando riusciremo a sostenerlo. 
Qui speravo anche di potermi esibire in assoli, di trovare possibilità di recuperare qualche spicciolo, ma fino ad oggi, a parte un "regalo" ai miei vicini di casa non ho fatto nulla.
Il palco? 
Anche quello abbastanza deludente. La prima esibizione in Germania l'ho fatta con il gruppo principianti: 2 coreografie, o meglio una e un boccone, perchè la seconda era la coreografia conclusiva dello spettacolo che portava tutte le allieve di 2 gruppi sul palco. Il gruppo principianti dopo le prime 8 battute è stato relegato sul fondo del palco coperto da tutte le altre.
Poi ho cambiato scuola la stessa dove sono ora e dove ho quasi concluso il mio corso insegnanti, quella del maestro egiziano. Lui ha i suoi principi: onore e gloria ad un gruppo principianti che si esibisce al saggio della scuola, ma sul palco per uno spettacolo definito tale, no non ci vanno. Quindi o sei nel gruppo spettacolo ( non si può assolutamente definire gruppo professioniste come sarebbe secondo gli schemi della maggior parte delle scuole italiane) o festa di Natale, che da quando ci siamo dovuti trasferire dallo studio privato ad un fitness studio, non la si fa più. Sono stata per 3 anni nel gruppo spettacolo, per la verità ci sono ancora, e no non è un bel lavorare. Ci sono molte mancanze di cui ho già parlato in altri post, ma alla fine lo stress è superiore al benessere che ne ricavo.
In pratica sto soffrendo di una grande insoddisfazione dalla danza e devo fare qualcosa per risolverla o risollevare la situazione.
L'isolamento da corona virus, ha fatto sbocciare un sacco di lezioni/corsi in streaming: Questa è la migliore opzione che ho per imparare qualcosa che vada oltre il baladi (classico o moderno, guai a chiamarlo shaabi!) o il saidi.
Devo parlare chiaro con il mio insegnante e dirgli che non mi soddisfano le sue lezioni, che a me del "modern hagalla" (nome che mi sono inventata io) non mi importa, che se proprio deve essere Hagalla voglio quello puro, e che di folklore ce n'è tanto e che sarebbe bello approfondire per un paio di mesi uno stile con spiegazioni, anzichè ridurci a fare coreografie. Per me la danza non è coreografia. La danza è sentimento, è muoversi lasciandosi guidare dalla musica o "creando" insieme. Certo le coreografie sono utili per imparare il senso del ritmo, per far danzare più persone insieme, ma....stiamo parlando di danza orientale, non di balletto. Io voglio la conoscenza per creare, non il kit da montare. 
Non mi è chiaro ancora quando, dovrei diventare insegnate, ma non si può insegnare senza avere esperienza, ed è quello che è successo ad inizio mese: una prova di insegnamento, quando non ho mai tenuto una lezione. Certo mi è stato spiegato che devo dividere il tempo in riscaldamento, tecnica, combinazione e stretching finale, ma questa spiegazione non è niente di più che un contenitore vuoto c da riempire con musica passi e un attenzione alle allieve che non ti insegna nessuno, a maggior ragione se il gruppo che affronti nonostante l'età da pensionate è di un livello piuttosto alto. Potrei cercare 2 allieve-cavie principianti e fare lezione a casa. Un po' di spazio ce l'ho per essere in 3 a muoversi. Le figlie come allieve-cavie vanno prese con le pinze. 
In pratica o faccio la rivoluzione o muoio.
Ho bisogno di stimoli per danzare anche fuori dall'ora e mezza di lezione, stimoli che mi facciano mettere in un angolo la stanchezza del lavoro pur di danzare, e non li ho da moltissimo tempo.

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