sabato 11 aprile 2020

Questo periodo

Tutti dicono la loro sul corona virus di qua e il corona virus di là, improvvisati virologi, medici o semplicemente tuttologi che aprono la bocca mettendo insieme pensieri e nozioni sconnesse arrivate chissà da dove. Non ho intenzione di mettere in campo la mia preparazione medica: c'è gente che di questo argomento se ne occupa per lavoro, ne sa più di me e lascio a loro la parola.
Ma vorrei dire la mia su quello che sta accadendo, su quello che vedo.
Il mondo intero sta affrontando un virus, che non è come la peste dei promessi sposi, ma che al pari di questa, sta tirando fuori la vera essenza delle persone: se sei una bella persona saranno solo cose belle, se sei una persona di merda uscirà da te solo merda, se sei ignorante superficiale e scettico per partito preso, da te uscirà mediocrità e stupidità.
Ma vedo dell'altro.
Il virus ha, come i farmaci, un effetto diretto di malattia, che è quello che ha messo in ginocchio il sistema sanitario italiano, e un effetto secondario sulle persone. Non saprei bene come definirlo, ma la situazione di emergenza che ha portato i governi ad imporre una quarantena più o meno restrittiva, porta con se una sorta di aria stagnate, che sta avvelenando le persone, temo che anche le belle persone prima o poi soccombano. E' come quei giorni a Milano in cui non tira un filo di vento e l'aria letteralmente puzza di polvere, esattamente come quando si va in una soffitta che non si apre da parecchio e se ne smuove un po'. A me questo clima sta facendo male. Se trovare qualcosa per sorridere per rendere più divertente un momento per me è normale e importante per tirare avanti anche quando sono giù di corda, ora mi viene davvero difficile. Mi divido tra 2 giorni di lavoro e 2 giorni a casa, e in tutto questo vedo solo frustrazione. A parte il gatto, le figlie sono le meno preoccupate che la stanno vivendo come una enorme vacanza: potere dell'innocenza. In un anno che lavoro lì non ho mai visto così tante volte in sede il capo. Poichè non è un curatore e non è un veterinario, ma un pensionato che nella vita ha fatto tutt'altro che lavorare con gli animali, mi viene da pensare che non avendo altro da fare  per via del consiglio " state a casa" venga apposta al rifugio perchè legalmente ha la scusa per uscire di casa.
Per quanto il rifugio sia ufficialmente chiuso ai visitatori e idealmente il lavoro dovrebbe essere diminuito e per questo essere tutti un po' più rilassati, il ritmo in realtà è decisamente più frenetico del solito, per 3 fattori:

  • tutte le figure complementari (2 persone) sono state messe a casa, e sebbene presenti solo 4 ore e non tutti i giorni fanno una grande differenza;
  • siamo divisi in 2 gruppi per limitare i contagi ma siamo poche persone e ancora di meno se una si ammala ( un paio di settimane fa ci siamo ritrovati solo in 3 a gestire tutto);
  • dei 2 giorni di lavoro, il primo lo passi a mettere a posto il caos lasciato dall'altra collega, perchè non esistono protocolli definiti chiari e sopratutto scritti sulla gestione del rifugio, il secondo a fare il lavoro in modo normale cercando di lasciare il compito facilitato per la collega subentrante.
La frustrazione cresce ed è palpabile: ci si dovrebbe mettere il cuore in pace, che le cose andranno avanti così a lungo, ed invece....
Anche a casa la situazione per la verità non è serenissima. Gran parte della colpa è mia che anzichè riposarmi in quei 2 giorni a casa mi creo frustrazione tra quello che vorrei fare, quello che devo fare e l'idea di riposarmi. Probabilmente sono così sotto sopra da non rendermi conto di contagiare anche il resto della famiglia con la mia frustrazione: uno sguardo che non vuole essere scontroso, una mezza parola uscita male, e voilà l'aria tesa è fatta. E si che ero quella che in questa situazione di meno lavoro e più tempo a casa ci vedeva un opportunità per godersi la casa, la famiglia un po' di tempo per se stessa.

Oggi sarei dovuta andare al lavoro, ma sono a casa. No non è arrivata nessuna telefonata a dirmi "oggi puoi stare a casa", ho fatto una scelta: la scelta di stare a casa perchè non mi sento bene o la scelta di andare al lavoro pur non sentendomi bene. E per me è una scelta difficile. Non mi ritengo persona indispensabile che "se non ci sono io si blocca tutto" ma sono consapevole che essendo in pochi (siamo sempre in pochi per la perfetta gestione del rifugio) la mancanza di uno può fare una grande differenza. Ma oggi ho dato più importanza al mio mal di stomaco, alla mia spossatezza al mio ginocchio che da più di una settimana mi fa male e che riesco ad usare solo con la ginocchiera, al mio piede che carico di più per togliere al ginocchio, perchè oltre alla frustrazione del dover correre, ad inizio settimana ci si è messa pure il colloquio con il capo perchè il mio rendimento sul lavoro è inferiore a quello di altri. E allora chi me lo fa fare di mettere in secondo piano la mia salute per poi sentirmi dire che non lavoro bene quanto una ventenne che inizia la giornata bevendo un energy drink, fa la pausa caffè con un energy drink, e pranza bevendo uno se non due energy drink? No, grazie. 
Personalmente sono sempre stata una tipa lenta. Cosa buffa dovunque tranne sott'acqua dove è bene esserlo: lì sono un tantino precipitosa. O almeno sempre di meno. Essere lenta, mi ha sempre messo fuori da qualsiasi tipo di competizione: le gare di corsa a piedi o in bici, a scuola anche nell'apprendere. Ti fa sentire inadeguato, soprattutto se al posto di capire e riconoscere il limite per poterlo aggirare, diventa motivo per sentirsi sempre e costantemente inadeguati, finendo un una specie di pozza melmosa da cui non vedi modo di uscire. Spesso per essere "più veloce" finisco per lasciare i lavori a metà: per fortuna con le figlie le ho finite tutte per benino con tutti i pezzi al posto giusto.
In tutto questo sto pensando che alla fine dei conti un po' di orgoglio ed amor proprio per me ce l'ho: quel minimo che mi ha spinto a mandare nuovamente CV come veterinario. E' vero ho sempre avuto paura del mio lavoro, pausa di non sapere e di non saper fare. Ma sono un veterinario, so che se una cosa non la so la risposta è nei libri: so che non tutti i veterinari devono essere fighi come il Dr. House e che quelli che si credono o che si atteggiano a tali qualche scheletro nell'armadio lo nascondono. E poi non mi va più tanto di lavorare in un posto dove ritengono i veterinari incompetenti ed ignoranti dall'alto delle loro qualifiche in materie tutt'altro che mediche. 

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